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Le RECENSIONI
Al Dio Sconosciuto
John Steinbeck
"Al dio sconosciuto" è la terza opera di John Steinbeck e certamente non tra le più note, ma ciò che mi ha colpito è proprio per il tema trattato: una specie di panteismo naturale che mette il naso nelle forze della Natura senza voler dare spiegazioni, lasciando un grande punto di domanda alla fine, senza velleità filosofiche o religiose.
Solo "Ma chi siamo in realtà?" e "Dove stiamo vivendo?" Anche se non troveremo le risposte, son domande che val la pena di porsi, se non altro per ridimensionarci un pochino, per prender coscienza del nostro essere insettini che corrono e si dimenano (e fanno danni) sulla superficie della Terra.
Il romanzo ruota attorno al rapporto tra il protagonista Joseph, la Terra e tutto ciò che di impalpabile e di illogico compenetra, modifica e comanda il mondo fisico. Terra intesa come la Grande Madre, colei tutto dà e tutto prende, colei che i suoi figli nutre e uccide.
Dodici racconti raminghi
Gabriel Garcia "Gabo" Marquez
Dodici racconti raminghi perchè? Sia perché vagano da paese in paese raccontando le "strane cose che succedono ai latinoamericani in Europa", sia perchè per 18 anni, sottoforma di bozze o racconti quasi finiti, sono andati raminghi tra la scrivania dello scrittore, naufraghi in un mare di scartoffie, al cestino della carta straccia, per poi venir tratti in salvo e perduti nuovamente in armadi, cassetti e cantine come solo a degli scritti di Marquez può accadere. Nella prefazione al libro Gabriel Garcia Marquez ricorda che la prima idea per questa raccolta gli nacque da un sogno. Sognò di assistere al suo funerale con un gruppo di amici, grato per questa opportunità che gli veniva data di incontrare ancora gli amici più vecchi, quelli che non vedeva da anni. Ma al termine del rito uno di loro gli impedisce di seguirli. "Sei l'unico che non può andarsene." Ecco cos'è la morte: non ritrovarsi mai più con gli amici.
I sequestrati di Altona
Jean-Paul Sartre
Germania 1941. Franz Gerlach, primogenito di un importante industriale tedesco, nasconde nella sua stanza un ebreo polacco fuggito da un campo di concentramento. Viene scoperto, il padre riesce a salvargli la vita grazie all'intervento di Goebbels, ma l'ebreo viene ucciso e Franz deve partire per la campagna di Russia. Torna a casa nel 1946, sopravvissuto al suo battaglione, attraversando a piedi la Polonia occupata. Ritorno alla normalità. Ma quale? Come fosse facile posare il fucile, scordarsi i morti e ricominciare. Il suo crollo finale avviene alla lettura radiofonica della sentenza di Norimberga che Franz sente come la condanna di tutto il popolo tedesco; ovviamente anche lui è uno dei condannati, non c'è via di scampo. Prende su di sé le colpe e, sentendo di dover agire nell'immobilismo collettivo, diviene il "testimone della storia" (nausea e rifiuto dello squallore quotidiano).
Il deserto dei Tartari
Dino Buzzati
"Essi dunque avevano un loro punto di arrivo, mediocre o glorioso che fosse, di cui sapevano accontentarsi." Non è stata la sua solitaria pubblicazione nella Vienna nazista a far soccombere quel capolavoro che è Il deserto dei Tartari; questo curioso aneddoto editoriale, sintomatico della leggerezza valutativa umana, non ha potuto sviare la coscienza e l’intelligenza del lettore sincero: è evidente infatti che questo libro non ha nulla da spartire con la propaganda guerrafondaia e non è fomentato da moventi bellici; la storia di Francesco Drogo è la storia di noi tutti e funge da eccezionale scandaglio esistenziale, questa cronaca documenta la lacerazione interiore che causa l’attesa, il momento sfibrante dell’aspettazione.
Il giuoco delle perle di vetro
Hermann Hesse
"In questo libro abbiamo intenzione di registrare il materiale biografico che si è potuto trovare su Josef Knecht, il Ludi Magister Josephus III, come è chiamato negli archivi del Giuoco delle perle di vetro. Non ci nascondiamo che questo tentativo è o sembra un poco in contraddizione con le vigenti norme e consuetudini della vita spirituale. Tanto è vero che uno dei supremi princìpi di questa è la soppressione dell'individualità, l'inserimento possibilmente perfetto della persona singola nella gerarchia dell'autorità pedagogica e delle scienze." Così comincia quella che può venir definita l'opera della vecchiaia, della solitudine, della guerra di Hermann Hesse. Un'opera voluminosa, eppure meditata e sofferta in ogni sua parola: un distillato dell'opera di questo grande maestro, si potrebbe definire, visto che egli stesso dice di aver riflettuto “mesi e mesi prima di scrivere una riga. 12 anni nei quali l'autore di Narciso e Boccardoro, di Siddharta, del Lupo della Steppa, usa la stesura di questo libro come una bombola d'ossigeno per sopravvivere in un'atmosfera appestata da gas velenosi.
Il mio Carso
Scipio Slataper
A Trieste, per l'anima in tormento che c'hai data
Scipio Slataper nacque a Trieste nel 1888, famiglia di ceto borghese, padre di origine slava e madre italiana. Dopo il liceo si trasferisce a Firenze ed inizia a scrivere per la rivista letteraria "La Voce" fondata e diretta da Giuseppe Prezzolino e che vede tra i suoi collaboratori più importanti personalità come Croce e Gentile che le infonderanno il loro idealismo. La società civile viene setacciata per sviscerarne i problemi, per penetrarla, capirla e per riuscire così a diffondere ed a far capire concetti nuovi. Il distacco anche linguistico fra intellettuale e popolo è annullato abbandonando il classico romanzo per parlare, invece, di vita vissuta con uno stile che assomiglia sempre di più alla trasposizione di pensieri e come tale a volte manca di un nesso logico fra le frasi. Può sembrare un balbettio, ma è un balbettio che arriva fino al cuore. è questo quello che troviamo ne "Il mio Carso": un susseguirsi di pensieri, di ricordi, di odori, di sensazioni estremamente vivi e reali, scritti da una penna giovane e come tale impetuosa.
L'amore ai tempi del colera
Gabriel Garcia "Gabo" Marquez
er Marquez è il primo paragrafo di un romanzo a raccontare tutto: la struttura, il tono, lo stile, il ritmo, persino il carattere di qualche personaggio. Poi va tutto avanti da solo... Fatto il primo paragrafo la mano scorre e la mente vola, solitaria, in un mondo che ha avuto il suo big-bang nel primo, fatidico paragrafo... Anche ne "L'amore ai tempi del colera" la struttura è questa ... e, pergiove!, Marquez non sbaglia!
"...Era inevitabile: l'odore delle mandorle amare gli ricordava sempre destino degli amori contrastati. Il dottor Juvenal Urbino lo sentì appena entrato nella casa ancora in penombra, dove era accorso d'urgenza per occuparsi di un caso che per lui aveva cessato di essere urgente da molti anni....
L'anello di Re Salomone
Conrad Lorenz
Immaginate una giornata di sole con un cielo di un azzurro messo ancora più in evidenza da qualche leggera e bianchissima nube sfrangiata dal vento. è prima mattina e dal terreno e dal Danubio che impertubabile vi scorre accanto, si alza una nebbiolina leggera che sfoca odori e contorni, tanto da far sembrare più reale il cielo che l'erba verde nella quale affondano le vostre scarpe. Di tanto in tanto, dapprima indistinto e poi sempre più chiaro come se si avvicinasse, vi arriva un suono come formato da 6 sillabe: una specie di "Gangangangangangan", al quale altri suoni simili rispondono.
L'enigma del solitario
Jostein Gaarder
"La differenza tra Socrate e tutti gli altri era che questi ultimi, pur non sapendono più di Socrate, erano soddisfatti di quel poco che sapevano. E chi si accontenta di ciò che sa non potrà mai essere un filosofo." (L'Enigma del Solitario - J. Gaarder) Chi siamo? Dove andiamo? In fondo è sempre questa la domanda che Gaarder ci ripropone, da buon filosofo, e nessuna risposta è mai sufficiente, altrimenti la vita stessa, che è ricerca, non avrebbe più significato. Ma nella ricerca, e nella vita, le risposte si accavallano alle domande diventando domande a loro volta. Cosa ci guida? Destino o Frode? Caso? Siamo condizionati a seguire un percorso tracciato dagli eventi che ci accadono, oppure siamo noi a far accadere gli eventi con il solo nostro pensarli?
L'epopea di Amergin
Morgan Llywelyn
Nelle note in fondo al libro l'autrice Morgan Llywelyn riporta l'opinione di Robert Graves, uno dei maggiori storici dell'antichità, che in un suo libro scrive : "''"L'educazione poetica inglese non dovrebbe cominciare con I Racconti di Canterbury o con l'Odissea, ma con il Canto di Amergin". Questa è la storia, ambientata nel IV sec.a.C., dell'incredibile avventura di un pugno di uomini e donne che lasciano la Galizia (Spagna) in cerca della mitica Ierne (Irlanda). La loro terra non riusciva più a sostentare tutti e c'era da scegliere tra il morir di fame rimanendo o oltrepassare la ''nona ondà' (dopo la quale i gaelici, guerrieri ed allevatori ma non marinai, pensavano ci fosse il nulla) per ... morire o sopravvivere in una terra ricca di pascoli e deserta.
La Doppia Voce
William Golding
La doppia voce è un libro postumo, tratto da ciò che Golding lascia alla sua morte (1993): due stesure complete (stava iniziando la terza stesura, quella che con ogni probabilità sarebbe diventata la definitiva), una serie di appunti ed un diario. è proprio grazie a quest'ultimo documento che famiglia ed editore riescono a risalire a quella che poteva essere l'idea finale e danno alle stampe la stesura che più le si avvicinava. Ne risulta un Golding certamente più laconico, scarno rispetto a quello che conosciamo sul tratteggio dei personaggi, non per questo meno incisivo. In tutta onestà è l'unico libro di Golding che amo.
"Luce abbagliante e calore, indifferenziati, tesi a sperimentare se stessi. Ecco! Ce l'ho fatta. Il meglio che posso, perlomeno. Ricordo. Un ricordo prima del ricordo? Il tempo non c'era, nemmeno in forma implicita. ... "
Primo secolo avanti Cristo. è Arieka, ormai ottantenne, che racconta la sua vita, iniziando dal primissimo lampo di coscienza.
La Papessa
Donna Woolfolk Cross
Donna Woolfolk Cross ha scritto un libro avvincente e travolgente, anche solo per l’argomento che tratta: la Papessa Giovanna è realmente esistita? Dopo 7 anni di ricerche e studi Donna Woolfolk Cross ha potuto mettere un punto fermo alla questione e scrivere questo romanzo che altro non è se non la biografia di Giovanna, inglese, terza figlia di un prete e di una sassone sfuggita al massacro di Verdun, (non) passata agli annali della Chiesa con il nome di Giovanni VIII. Il suo papato rimase noto ed accettato fino al XVII sec., poi gli attriti da Protestanti e Chiesa Cattolica fecero sì che quest’ultima distruggesse tutte le prove dell’esistenza di Giovanni VIII. Giovanna nasce lo stesso giorno della morte di Carlo Magno, il 28 gennaio 814. Ludovico il Pio diventa imperatore, mentre l’impero crolla. La Chiesa attraversa uno dei suoi periodi di corruzione peggiore, ben lontana da ciò che dovrebbe essere. I Vichinghi fanno continue incursioni, facilitati da una difesa che in pratica non esiste.
La vita segreta dei gatti
Giorgio Celli
Chi sia Giorgio Celli ve l'ho già detto, quello che non ho sottolineato è il fatto che (a suo dire e posso essere ben d'accordo) sia gattofilo e gattaro per scelta di vita. Già mi piacevano le sue trasmissioni, il suo modo di narrare calmo, velato d'ironia e sommerso nell'amore per gli animali come un gelato affogato nella panna, quindi lo volli conoscere come scrittore. In questa veste colpì il senso dell'umorismo aleggiante nei suoi scritti, l'autoironia usata anche nello scagliarsi contro coloro che agli animali fanno del male, il ritmo delle sue frasi. Potrei definirlo delizioso, termine che non mi è per nulla usuale, ma in questo caso direi perfetto.
Le sei mogli di Enrico VIII
Antonia Fraser
Ripudiata, decapitata, morta, ripudiata decapitata sopravvissuta..... Ogni tanto cedo alla tentazione di comprare un libro di storia, quella vera, possibilmente antica o medievale. A volte si rivelano dei mattoni indigeribili, come un meraviglioso ''La Fine dei Templarì', letto fino a pagina 53 e poi relegato a prender polvere sulla mensola più alta della libreria; altre volte, invece, si rivelano avvincenti quasi fossero gialli di Agatha Christie. è questo il caso de ''Le sei mogli di Enrico VIIì' di Antonia Fraser, la quale, oltre ad essere una delle maggiori storiche inglesi contemporanee, ha il dono di riportare letteralmente in vita i personaggi di cui parla, rendendoli estremamente attuali e comprensibili anche dal punto di vista psicologico.
Libera nos a Malo
Luigi Meneghello
Un romanzo.... Direi proprio di no. Un saggio.... Meno ancora. Una chiacchierata, ecco, questo sì. Immaginatevi un caminetto acceso in una casa di paese dell'Alto Vicentino... ciocchi di legna che bruciano, faville che salgono nel buio del camino... due poltrone, un tavolino rustico, basso con un piatto di formaggio Asiago, pane casereccio che sa ancora di forno e di cose antiche, una caraffa di clinto (certo... è un vino ora proibito, ma per stasera lo beviamo....), due bicchieri. La pioggia batte sui vetri, nella penombra scura della sera; batte sulle grondaie, sui tetti, di un rumore noto, che vi parla dentro. In realtà sono rumori diversi, come un'orchestra formata da tanti strumenti e, ad ascoltar bene, si sente la voce di ognuno: così voi sentite la voce d'ogni cosa colpita dalla pioggia. è la voce antica e rassicurante del paese.
Mezzanotte e cinque a Bhopal
Dominique Lapierre e Javier Moro
"Alcuni bambini uscirono urlando da una nube di fumo. Erano coperti di sangue ed avevano la pelle a brandelli. Padmini si precipitò terrorizzata verso quel rogo gridando il nome del fratello, ma nessuno rispose. Mentre correva qua e là inciampò e, nel cadere, vide un corpo per terra, Era il fratello. Non aveva più le braccia. Intorno a lui c’erano altri piccoli corpi smembrati." (Testuale)
Dopo il meritato successo planetario de La Città della Gioia, nel 2001 Dominique Lapierre è tornato con Mezzanotte e cinque a Bhopal (scritto insieme al giovane ricercatore Javier Moro). Il romanzo narra e documenta (anche il più piccolo dettaglio è veritiero) la più grande catastrofe industriale della storia, avvenuta in uno stabilimento indiano di pesticidi che issava come vessillo di modernità la losanga della terza multinazionale chimica del mondo, la statunitense Union Carbide (dissoltasi nel nulla dopo l’incidente).
Medicus
Noah Gordon
"Medicus" è il primo dei tre libri che Noah Gordon dedica ad una "stirpe" di medici. Di padre in figlio il "dono" si perpetua attraverso 11 secoli. Non tutti i discendenti ne sono portatori, ma almeno uno per generazione sì: i Cole riescono a sentire nelle altre persone l'energia vitale che si spegne inesorabilmente. Questo rende i Cole dei predestinati e la loro sete di sapere è quasi una rivolta all'ineluttabilità della morte. In questo libro troviamo la storia del primo dei Cole medici, Rob: suo padre, Nathanael, è un carpentiere nell'Inghilterra del 1020. In breve il suo dono lo obbliga ad un salto nel vuoto: raggiungere la Persia dove esiste l'unica scuola di medicina: quella di Abu Ali al-Hussein Ibn Sina noto con il nome un pò "tradotto" di Avicenna.
Merlino
Michel Rio
"L'uomo vive più di leggenda che di storia, nel suo spirito la poesia conta più del potere. La leggenda, instancabile, costruisce un'eternità che la storia, implacabile, si sforza di dimostrare falsa. " (Michel Rio, "Merlino")
Trovai questo libro in uno dei miei tanti raid a volo radente sugli scaffali ingombri delle librerie e mi colpì l'abbinamento molto particolare di titolo, il mito di Merlino mi affascina da sempre ed ogni libro nuovo sul tema dà la speranza di capirne qualcosa di più, e copertina particolarmente curata, dal sapore antico e magico. All'interno, in prima pagina, mi attendeva una frase di Novalis: "Un romanzo è una vita in forma di libro".
Di bene in meglio! Altra pagina: "Nota sulle illustrazioni dei capitoli -- The Book of Deer - Codice miniato, IX sec. d.C. - Cambridge University Lbrary".
Oceano mare
Alessandro Baricco
La vicenda è la vicenda.
I libri ci srotolano vicende... e se in conquiste letterarie come Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino viene, con arguzia divertente, sublimato il libro in quanto tale (il libro come “istituzione”) e si gioca ad inanellare piccole vittorie dilaniandolo (il libro) per poi doverlo ricomporre nella sua originaria forma di piacevole crescita, in Oceano mare di Baricco si combatte sull’altro fronte (forse affrontando gli stessi nemici) e si vanno ad infrangere canoni letterari semi-sacrali dai quali è sempre stato difficile svincolarsi. Siano innanzitutto in un non-luogo, in un non-tempo, vivendo (attendendo) la non-vita dell’inizio-fine del mare, oceano mare, tremebondo ed ammicante, consigliere e carnefice; i personaggi vagano sulla striscia di terra bagnata dal mare (che non è terra e non è mare) e lui li plasma in una cangiante altalena che crogiola l’uomo fra illuminazioni e disillusioni (e le domande: “Dov’è l’occhio del mare? Dove finisce il mare? Come DIRE il mare? Come guarire nel mare? Cosa, come attendere dal mare?).
Altri libertini
Pier Vittorio Tondelli
Altri libertini, l’opera migliore di Tondelli, è sicuramente la più completa, con le sue metamorfosi umane incanalate “senza soluzione di continuità” nella idolatrata voglia di viaggiare, nel mito cosciente di Bukowski e Burroughs, nella jazzistica coast to coast europea, nei compagni “cinematografari” di sventura; l’opera prima di Tondelli appare la migliore non per il poco valore delle altre (eccezionale la prova di Camere separate) ma per l’intrinseca, immediata, intuitiva empatia che da subito genera con il lettore, questi “altri libertini” (altri... ad aggiungersi a quelli passati) sembrano concludere un discorso interrotto
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Altri libertini
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I sequestrati di Altona
Il Combattimento
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